Home >
Diari di viaggio >
Bosnia ottobre 2011
Nel 1992 avevo 8
anni e vidi giungere nell’altra sezione della mia classe
una bambina proveniente dai Balcani, una terra così
vicina e così lontana in cui soffiava un vento di
guerra. Io non sapevo di preciso dove si trovasse la
Jugoslavia perché di geografia nemmeno avevo studiato
l’Italia e non sapevo cosa fosse la guerra se non
attraverso quel poco di storia che stavo iniziando a
studiare o le immagini provenienti dai tg. Iniziai a
rendermi conto di come fossero vicini i Balcani e la
guerra quando nell’estate 1994 mi trovavo con la mia
famiglia in vacanza nella riviera romagnola ed ogni
giorno cacciabombardieri sorvolavano i cieli spingendosi
al di là del mare. Allora mi dissi che un giorno, magari
da grande, sarei andata ad aiutare e conoscere quel
popolo al di là del mare ed il 28 ottobre 2011 questo
pensiero è diventato realtà.
Circa un mese e mezzo prima
della partenza per il viaggio in Bosnia ho contattato e conosciuto
il presidente dell’associazione SIE onlus, Fabio Bruni, che mi ha
delucidato quali attività mi sarei trovata a svolgere nonché quali
siano le attuali condizioni socio-economiche della nazione.
La sera del 28
ottobre eccomi pronta per il mio primo viaggio in Bosnia.
Ritrovo alle 18.30 per il carico del furgone con i pacchi
assegnati contenenti abiti, regali, medicinali, radio, tv,… Alle
20.30 si parte. Dopo un viaggio nella nebbia padana, dopo i
controlli alle frontiere, croata e bosniaca che mi han fatto
rendere conto di quanto questi paesi siano lontani dall’Europa
seppur alcuni ne facciano parte politicamente ed altri
geograficamente, siamo giunti a Jajce, la nostra prima meta.
Appena
scesi dal furgone ecco le referenti locali, Sada e Semka, ad
attenderci pronte per il resoconto dei casi di adozione a distanza
ed aiuti in carico a Jajce. Terminato l’aggiornamento eccoci
pronti per alcune visite domiciliari e finalmente i nomi di cui
avevo annotato la storia sulla scheda informativa iniziano ad
avere un volto ed entrarmi nel cuore per la loro dignità ed
umanità. Dopo aver recuperato degli ottimi burek, sfoglie salate
farcite di carne, verdura o formaggio, eccoci pronti per la
seconda visita domiciliare presso la casa di una ragazzina
adottata da una delle volontarie in viaggio, Silvia. Il pranzo, la
conoscenza per me ed il ritrovo per gli altri compagni è stato un
intenso momento di condivisione. Io ero lì per donare e stavo
ricevendo accoglienza, affetto ed amicizia e questo pensiero è
diventato una costante del viaggio.
Nel pomeriggio, scaricati i
pacchi dal furgone presso la sede dell’associazione “Anima” di
Donji Vakuf con cui SIE collabora e di cui fa parte la nostra
interprete Sada, eccoci ad un’altra visita domiciliare a Donji
Vakuf presso una famiglia rom facente parte di un’associazione
locale a tutela dei nomadi. Non avevo ancora memorizzato le parole
principali in lingua bosniaca ma i gesti e gli sguardi sono stati
sufficienti a farmi capire, sono valsi più di mille parole e mi
hanno riempito il cuore di gioia.
Terminata la visita eccoci
al supermercato per fare la spesa per la famiglia presso cui ci
saremo recati subito dopo. Ad alcune famiglie infatti viene
consegnata metà donazione in denaro e con i restanti soldi viene
effettuata una spesa per la famiglia. Entrando nella casa mi sono
chiesta come si possa vivere nel XXI secolo in 5 persone in due
stanze, senza illuminazione ed acqua che si possano dire tali.
Eppure la bambina in adozione aveva gli occhi sereni, occhi che si
sono illuminati aprendo il nostro pacco-dono contenente vestiti e
del materiale di cancelleria che qualunque bambino italiano molto
probabilmente avrebbe snobbato.
La notte stava calando su
Donji Vakuf e così la prima giornata di lavoro volgendo al termine
ricca di emozioni.
Il
secondo giorno a Donji Vakuf è stato molto intenso perché
le circa 50 famiglie in adozione si sono recate presso la sede
dell’associazione “Anima” per l’aggiornamento dei casi tra
referenti e volontari locali ed italiani. Appena giunta presso la
sede dell’associazione sono stata accolta con abbracci calorosi e
splendidi sorrisi seppur conoscessi le famiglie solo sulla carta.
Il mio compito, affidatomi con molta fiducia dai miei compagni di
viaggio dato che ero alla prima esperienza, è stato annotare gli
aggiornamenti sulle schede informative dei ragazzi in adozione,
porre delle domande di approfondimento sulla base della
documentazione in possesso per permettere ai volontari SIE di
valutare i singoli casi. Mentre io e la maggior parte dei compagni
accoglievamo, prendevamo nota, davamo donazioni e pacchi-dono
altri compagni clown, Lillo ed Elisa, intrattenevano grandi e
piccini in attesa del proprio turno. Ho avuto così modo di
conoscere da vicino ed apprezzare la clownterapia, la quale
permette di arrivare anche là dove l’imbarazzo o i propri ruoli
non permetterebbero altrimenti di arrivare.
Ed anche la seconda
giornata è volata tra un sorriso, un abbraccio ed un palloncino.
La
terza ed ultima giornata è trascorsa tra Bugojno, dove
abbiamo svolto due visite domiciliari, e Donji Vakuf dove abbiamo
visitato l’ospedale e parlato con il dottor Amdja di progetti
presenti, come la sensibilizzazione ed effettuazione di pap-test,
e progetti futuri. Avremo visitato volentieri l’ospedale
recentemente ristrutturato, ma il lavoro chiamava così ci siamo
diretti verso la casa di famiglie per cui è prevista l’attivazione
di progetti di adozione a distanza come da segnalazione delle
referenti locali. Sfortunatamente una delle famiglie non era in
casa, ma la strada per raggiungere quell’abitazione mi ha dato il
senso di quanta fatica debba fare. Una strada sterrata, non
illuminata, distante dal centro e quindi dalla scuola. Una strada
in cui sino ad un mese fa erano disseminate mine, quindi i bambini
non potevano correre e giocare né i genitori allevare animali. In
quella strada buia, percorsa a piedi o da carretti, in cui
scheletri di case facevano capolino tra la boscaglia mi sono resa
conto di come il popolo bosniaco sia senza passato poiché
cancellato dalla guerra e senza presente poiché rialzarsi dagli
orrori e dolori della guerra non è facile ma che se aiutato può
ancora avere un futuro. Il futuro sono i bambini che mi hanno
abbracciato e sorriso, i ragazzi che non hanno chiesto aiuto per
andare in gita scolastica ma per studiare, sono gli uomini da cui
abbiamo comprato oggetti di rame e le donne che ci han venduto le
loro marmellate fatte in case per potersi comprare la legna per
l’inverno.
Il mio HVALA a tutti loro ed ai compagni con
cui ho condiviso una breve, ma intensa esperienza.
Home >
Diari di viaggio >
Bosnia ottobre 2011
|